LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE (ANCHE IN AZIENDA)
- BorZorro
- 11 feb
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La proposta espressa dalla CISL punta ad applicare appieno l'art. 46 della Costituzione che recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.
Perchè la proposta piace ai Conservatori e non è mai stata avviata dai Progressisti?
La Presidente del Consiglio lo ha affermato ad alta voce: la destra, conservatrice e reazionaria, intende sostenere la proposta della CISL che mira a favorire la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle aziende in cui sono impiegati.
Durante i precedenti 80 anni di vigenza costituzionale è sorprendente che l'opzione non sia mai stata fatta propria dai numerosissimi esecutivi di stampo variamente laburista, democratico o progressista forse più interessati a sostenere la conflittualità permanente tra lavoratori e imprenditori, una conflittualità che genera non pochi ricavi alle casse dei sindacati grazie alla contribuzione sindacale espressa in percentuale sul lordo della busta paga, una conflittualità che orienta se non l'appartenenza quanto meno l'orientamento elettorale.
La proposta della CISL spezza l'unità della triplice sindacale e afferma il diritto dei lavoratori a partecipare, non più solo a subire o accettare, le scelte anche strategiche d'impresa seguendo un'articolazione da decenni presente e attiva nella tanto osannata industria tedesca dove la rappresentanza dei lavoratori siede all'interno del CDA d'impresa.
Più volte mi sono espresso a favore di questa formula che può consentire sia una diversa gestione delle risorse aziendali, sia una diversa ripartizione dei profitti rispetto al presente, sia, infine, una maggiore responsabilizzazione delle maestranze attraverso la partecipazione e la condivisione degli obiettivi, delle strategie e delle tattiche operative.
In molte occasioni, generalmente nelle tristissime occasioni di fuga degli imprenditori dalle proprie responsabilità, abbiamo visto i lavoratori associarsi in forma societaria o cooperativa e rilevare le sorti dell'impresa, spesso con buoni quando non ottimi risultati economici: le competenze tecniche relative al flusso del lavoro e le possibili forme di efficientamento rappresentano il punto di forza dei lavoratori dell'industria e possono stabilire la differenza tra la sopravvivenza d'impresa e il suo successo.
Ma c'è dell'altro: in un'epoca di ristrettezze erariali la partecipazione alla gestione d'impresa da parte dei lavoratori può definirsi come il primo e necessario passaggio verso la gestione diretta di imprese di stampo cooperativo o partecipativo, modalità che scardinerebbe alla fonte la contrapposizione tra lavoratori e datori di lavoro rendendo tutti i lavoratori datori di lavoro di se stessi.
Questa rivoluzione in termini avrebbe il potere di modificare strutturalmente la tradizionale composizione della “busta paga” e delle relative tassazioni nonché, dal medio periodo in poi, dell'intero complesso organizzativo del welfare pensionistico.
Per contro, con ogni probabilità, una modifica di questa portata porterebbe ad una prevalenza di preferenze verso l'occupazione partecipativa nella grande industria rispetto a quella nella piccola impresa favorendo quel processo di concentrazione e integrazione delle attività imprenditoriali così necessario per affrontare la competitività globale o almeno continentale uscendo da quella caratteristica polverizzazione imprenditoriale che è spesso limitante in materia di investimenti tecnologici, di ricerca e di sviluppo nelle aziende italiane.
Si tratta di una vera rivoluzione culturale che potrà anche rinforzare l'applicazione delle misure di sicurezza per i lavoratori maggiormente esposti a rischi e sviluppare modelli di Formazione finalmente legati alla produttività aziendale e non agli interessi a volte un po' pelosi di alcune piattaforme sindacali o consociative che gestiscono i percorsi formativi nell'esclusivo interesse del proprio portafogli.
CIGL e UIL, naturalmente, minacciano sfracelli.
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