NOI CONTRO
- BorZorro
- 9 mar
- Tempo di lettura: 2 min
La società digitale conduce alla democrazia diretta o al totale controllo sociale?
La pacchia è finita! That's All Folks !
L'illusione di poter vivere indefinitamente in una bolla di pace e stabilità, di benessere economico e di welfare esteso si è frantumata in meno di due mesi, raggiungengo l'azimut sistemico del neoliberismo che già in passato aveva di molto ridimensionato l'illusione stessa.
Tra dismissioni industriali e delocalizzazioni, tra false “sostenibilità” e nuovi modelli produttivi, tra Intelligenza Artificiale e precarizzazione estesa del lavoro e della dignità personale il neoliberismo ha ridotto ai minimi termini quei servizi pubblici che ritenevamo essenziali privatizzando ciò che determina profitto (sanità e servizi di trasporto) e socializzando le perdite (scuole e infrastrutture).
No ho scritto nei miei saggi, ne ho letto nei saggi di altri: in linea di massima si concorda su una possibile dualità implicita nella trasformazione tecnologica in corso.
C'è chi sostiene che la libertà d'espressione assicurata dai social media fornirà la possibilità di giungere ad una democrazia diretta, superando quella rappresentativa e le relative contraddizioni.
C'è chi afferma, al contrario, che il sistema articolato delle applicazioni tecnologiche definirà un controllo delle nostre esistenze degno della peggiore distopia orwelliana, sul modello giò presente e operativo del controllo sociale esistente in Cina, sorta di “patente di cittadinanza a punti” basata sulla presenza ossessiva dell'occhio vigile della legge.
La contraddizione in termini dell'illuminismo, ovvero l'esercizio limitato della libertà individuale per consentire un “contratto sociale” rispetto al desiderio di libertà illimitata soggettiva che definisce una categoria di darwinismo sociale, esplode oggi in modo fragoroso alimentata dalla tecnologia applicata.
La mediazione tra queste due istanze, o meglio distanze, definisce la futuribilità del progetto sociale.
La minoranza che detiene il potere economico e la gestione politica punta al controllo capillare, mentre la maggioranza dei meno abbienti, dei precari, degli scontenti reclama la democrazia diretta, l'accettazione delle singole categorie del disagio manifestate in rete e, inascoltata, sfoga l'insoddisfazione in manifestazioni di piazza, in serate di gang giovanili, in esplosioni inattese e improvvise di brutalità e aggressività anche individuali.
Noi, ciò che resta del concetto di “società” nel gigantesco agglomerato di monadi egocentriche ed egoreferenti che le città sono diventate, siamo “contro”, ci troviamo immersi in uno scontro epocale che travalica le categorie sociali, supera le classi, si polverizza in etnico, in tribale, in clanico fino a divenire individuale: siamo tutti “contro” tutti, ossessivamente condizionati dalla nostra necessità individuale di sopravvivenza, di riconoscibilità, di dignità.
Solo una nuova società capace di affermare il diritto - e attribuire a ciascuno - di disporre delle modalità economiche di sopravvivenza, di quelle etiche di riconoscibilità e di quelle sociali della dignità potrà attenuare, ridurre ed eliminare il conflitto ormai apertamente esteso in cui lo spettro hobbesiano dell'homo homini lupus si è fatto realtà.

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