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FALLIMENTO EUROPA

  • Immagine del redattore: BorZorro
    BorZorro
  • 19 feb
  • Tempo di lettura: 3 min

Dopo Mario Draghi anche il Governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta conferma lo stato confusionale europeo. Un fallimento economico, industriale, sociale ma soprattutto un disastro politico attribuibile tanto alle ideologie rosso-verdi quanto alla subalternità della politica alle lobbies imperanti tra Brusselles e Strasburgo.


Fabio Panetta, Governatore della Banca d'Italia, è uomo pacato ma le parole usate poche ore fa nell'analizzare la situazione dell'economia europea sono taglienti come lame di rasoio: il quadro generale che descrive è quello di una stagnazione senza orizzonte determinato da una visione politica priva di prospettive e da ideologismi velleitari e devastanti.

Il combinato disposto prodotto dall'insieme della “maggioranza Ursula” azzoppa l'Unione Europea e trascina il continente tanto in una spirale recessiva quanto nell'evanescenza politica, ampiamente dimostrata dall'inconsistenza attribuita all'UE dai Grandi Players planetari.

Pochi giorni prima, analizzando gli effetti prodotti dal Piano di Rilancio a suo tempo presentato, Mario Draghi aveva ribadito la necessità di una strigliata politica alla dirigenza europea, indicando nella non modica cifra di 800 miliardi di euro all'anno l'investimento necessario per (almeno) provare a rilanciare l'economia continentale ormai arenatasi come una balena spiaggiata.

Conviene allora domandarci cosa sia andato storto nelle scelte europee, cosa non abbia funzionato, cosa abbia determinato un collasso indifendibile e non ulteriormente mascherabile: possibile che neppure per caso l'UE abbia saputo azzeccare una scelta strategica?


La questione politica

Con la fine del socialismo reale (1989) i partiti di sinistra in Europa hanno dovuto reinventarsi e considerata conclusa l'epoca “socialista” hanno pensato bene di abbracciare l'idea di un “globalismo” economico e finanziario predicando in primis i benefici effetti delle “privatizzazioni”: campioni dell'idea in Italia furono in ruoli e momenti diversi Prodi, D'Alema e Bersani.

Al nostrano PD governato da Renzi fa riferimento il Job's Act, l'ultima spallata al sindacalismo nato dallo Statuto dei Lavoratori del 1974.

Sostenuti però dalle afferenze sindacali e associative, dall'universo del Terzo Settore e dai sussidi ai migranti, quei partiti del mondo “dem” hanno goduto di un consistente sostegno elettorale a sua volta puntellato dai Verdi, in particolar modo Tedeschi, contrari alle energie fossili e nucleari.

Il quadro politico determinato per anni è stato quindi costituito da centristi (popolari), socialisti e verdi e all'interno di quel quadro sono state le proposte delle minoranze verdi quelle ad ottenere maggior successo in virtù del potenziale ricatto di crisi politica imposto dai verdi alle maggioranze stesse.

Così l'Unione ha abbracciato proposte sconcertanti in materia ambientale, industriale e produttiva, proposte che hanno determinato tanto la stagnazione economica quanto la crisi industriale, l'impennata dei prezzi dei carburanti e un pericolosissimo rallentamento nelle dinamiche occupazionali nei Paesi a maggior peso industriale.

Così, parimenti, l'UE ha esaltato opzioni politiche e geopolitiche che hanno rapidamente detronizzato l'UE dal piccolo panteon della politica planetaria condannando l'Unione all'Irrilevanza.


Sconcerto e populismo

Le scelte politiche descritte nel paragrafo precedente hanno generato sconcerto nella pubblica opinione consentendo la nascita e l'affermazione di offerte politiche esplicitamente populiste che hanno ottenuto anche rilevanti consensi venendo considerate “l'ultima possibilità di cambiamento possibile” da parte dell'elettorato. Tra pochissimi giorni sapremo se il danno compiuto sarà stato definitivo e totale dopo lo spoglio delle schede elettorali in Germania.

In pratica nell'Europa a 27 non vi sono governi stabili, l'incertezza e lo scontento sono palpabili ovunque e non c'è nulla come l'incertezza capace di frenare le opzioni economiche.

L'UE è un contenitore spezzato dagli interessi conflittuali dei suoi partecipanti, svuotato dal contenuto politico originario e fondativo, subalterno ormai ai diktat più o meno palesi esercitati da potentissime lobbies finanziarie e merceologiche che risiedono permanentemente tra Strasburgo e Brusselles.

Temo che neppure con gli 800 miliardi di investimenti proposti da Draghi si possa invertire la tendenza: se l'autista del Bus è ubriaco non serve aggiungere carburante.

È la guida politica che va mutata, e se questo non è possibile allora è meglio far scendere tutti dall'autobus: si andrà a piedi, più lentamente ma almeno vivi.



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