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DAL CAPITALISMO AL DEBITO, DAL DEBITO ALLA GUERRA

  • Immagine del redattore: Gilberto
    Gilberto
  • 9 set
  • Tempo di lettura: 3 min

Abbecedario politico – La crisi del '29 – Dalle tensioni alla guerra


Per comprendere i meccanismi per cui, esattamente come nel secolo scorso, le contraddizioni del Capitalismo portarono prima all'indebitamento e all'iperinflazione e quindi alle Guerre, occorre necessariamente prendere le mosse da un piccolissimo


ABBECEDARIO POLITICO

“Politica” è l'insieme di regole definito per proteggere o sviluppare specifici interessi economici, siano essi personali, di categoria o di massa.

Ogni orientamento politico, pertanto, si definisce attorno ad uno specifico interesse e nella sua architettura prevede anche elementi di protezione rispetto ai principali antagonisti.

I “giornali”, e in generale tutti gli strumenti di informazione, sono organi di comunicazione degli interessi specifici tutelati dall'organizzazione politica.

Allo stesso modo ogni schieramento politico tende a diffondere e a promuovere la propria ideologia di supporto finanziando strumenti e modelli di comunicazioni adeguati ad ottenere lo scopo (giornali, periodici, attività culturali).

Queste semplici regole governano qualsiasi relazione umana, anche l'amore perchè anche l'Amore, a ben guardare, è un sistema economico con interessi specifici da tutelare contrattualmente e attraverso sistemi di comunicazione.


Con questa breve introduzione possiamo entrare nel merito e domandarci come mai il Capitalismo conduce al Debito e il Debito alla Guerra.


LA CRISI DEL 1929 non fu particolarmente diversa da quella che nel 2008 determinò il crollo di Lehman Bros e una delle più laceranti cadute sistemiche del modello economico e finanziario caratteristico del capitalismo contemporaneo.

Non fu neppure diversa da quella che nel XVII° secolo devastò la Borsa di Amstercam (crisi dei Tulipani) o dal tracollo dei titoli della Louisiana che condussero direttamente alla Rivoluzione francese nel 1789.

Questo solo per dire che dietro ad ogni Grande Guerra o sommovimento troviamo sempre pretese economiche e finanziarie: le ideologie sono buone solamente per mandare la gente comune a morire.

Alla crisi del 1929 gli Stati reagirono diversamente: gli USA si chiusero in un modello isolazionista che generò disoccupazione e sostenne il proibizionismo, schema che contribuì a definire un profondissimo divario sociale in un Paese dalle infinite contraddizioni (ricordo per inciso che mentre a Chicago furoreggiava Al Capone la Guerra ai Nativi d'America nel cosiddetto Far West era ancora in corso).

In Italia il modello isolazionista divenne emblema di un fascismo portato al potere da elezioni democratiche dopo anni di scontri violenti tra padronato e lavoratori, tra agrari e braccianti, e grazie a quell'isolazionismo, che più avanti divenne Autarchia, la Lira recuperò enormi territori valutari nei confronti della valuta internazionale di riferimento di allora, la Sterlina inglese.

In Germania il modello repubblicano, attraversato anch'esso da tragiche turbolenze sociali, aggravato dagli ingenti debiti di guerra richiesti dai Paesi “democratici” paladini dell'economia liberista scatenò l'iperinflazione (1932-1933) che, a sua volta, fu tra le principali motivazioni di scelta elettorale che condusse il nazismo al potere attraverso elezioni democratiche.


Le Crisi del Capitalismo si trasformano, inevitabilmente, in immense conflittualità.

Allora come oggi gli Stati si divisero tra chi sosteneva il Liberismo nel commercio e nell'economia e chi difendeva il Nazionalismo (oggi diremmo Sovranismo) coerentemente con gli interessi maggioritari dell'economia interna: se proviamo a disegnare la mappa planetaria in questi termini rileviamo con facilità tensioni e conflittualità.

DALLE TENSIONI ALLA GUERRA

Le tensioni generate dall'andamento economico vengono generalmente affrontate dagli Stati ricorrendo al “Debito”, e il debito si accende presso privati, banchieri e finanzieri, che aiutano lo Stato ma pretendono, ovviamente, interessi.

Quando gli interessi sono messi in discussione dal non positivo andamento del ciclo economico o dalla gestione scriteriata del sistema nazionale allora i creditori esigono di ottenere i propri diritti in qualsiasi modo, anche acquisendo “manu militari” risorse fino a ieri di terzi e sostenendo, pertanto, un'economia bellica spesso assai più remunerativa di quella civile, non fosse altro perché dopo la guerra si ricostruisce e per ricostruire servono denari, i denari definiscono debiti e i debiti generano interessi.

Ad alimentare i venti di guerra, quindi, sono i creditori degli Stati nazionali (banchieri e finanzieri) che utilizzano i loro rappresentanti politici per affermare le loro ragioni e i loro portavoce istituzionali (giornali, emittenti, social network) per orientare la pubblica opinione.


Per questo gli ingenti debiti di USA, Francia e Germania debbono farci paura.

Per questo soffiano gelidi venti di Guerra supportati proprio dai Paesi maggiormente indebitati (e dall'economia pesantemente rallentata).

Per questo la politica trumpiana dei Dazi è clamorosamente sbagliata e pericolosa.

Perché a monte di tutto, di tensioni, conflitti, guerre, uccisioni, massacri, rappresaglie, genocidi, vi sono sempre e solo gli Interessi economici che maturano al sole del capitalismo.

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