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JORGITA MELON, CAUDILLA ALLA VACCINARA

  • Immagine del redattore: Gilberto
    Gilberto
  • 3 giorni fa
  • Tempo di lettura: 2 min

Non servono master in Storia contemporanea per ricordare il disastro prodotto dal peronismo in America latina e segnatamente in Argentina.

Si trattò di un movimento politico di impronta conservatrice e qualunquista capace di fondere sapientemente una stupenda propaganda retorica con una notevole insipienza economica, un mix che prima favorì scopertamente gli interessi statunitensi nello sfruttamento delle risorse locali per poi degenerare in una spietata dittatura militare.

Nel peronismo la lettura della situazione economica argentina era perennemente entusiasta, fingendo di non vedere e tacendo gli effetti di un'inflazione a due cifre, il crescente impoverimento sociale, la fuga dei capitali verso lidi più ospitali.

Ministeri e potentati venivano assegnati a famigli e amici, soggetti fedeli e inesperti se non addirittura palesemente ignoranti rispetto ai dicasteri assegnati.

Il paternalismo, poi, produsse la mitizzazione di Evita, consorte del Caudillo, che elargiva sorrisi a chi nutriva i figli, nella migliore delle situazioni, con bucce di patate fritte nello strutto.

Anche là, nella lontana e speculare Argentina così carica di italianità, alla propaganda e alla retorica del potere, capaci di infiammare i cuori della vasta popolazione, non fece fronte un progetto alternativo e forse fu proprio quell'assenza a favorire il precipitare più fosco degli avvenimenti.

Era un'opposizione divisa al proprio interno dove per superarsi i contendenti massimizzavano il proprio estremismo fornendo ai conservatori peronisti prima e alla Giunta Militare poi validi argomenti di dissenso e repressione.

Assomiglia tristemente, quella storia, alla nostra contemporaneità in cui l'assenza di un progetto politico e programmatico dell'opposizione, condiviso ed esplicitato in forma di programma di alternanza, definisce il sostegno popolare al governo di cui non stupisce l'originale maggioranza, quando a votare si recò una Nazione stanca e disillusa, quanto piuttosto la successiva ulteriore crescita di consenso che sulla retorica e non sui fatti può fare tesoro.

L'attuale maggioranza di Governo nazionale si definisce in un neoperonismo conservatore in cui sovrabbonda la retorica ma latitano i risultati, in cui i toni sempre più spesso sguaiati da comizio popolare rendono più urticante l'inefficacia operativa e l'inefficienza di prospettiva, dove il contrasto crescente con gli organi istituzionali di tutela costituzionale segnala un tintinnio di sciabole a dir poco inquietante.

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