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EFFETTO CANTILLON E DINAMICHE DEL LAVORO

  • Immagine del redattore: BorZorro
    BorZorro
  • 23 feb
  • Tempo di lettura: 2 min

Il Cantillon Effect è l’effetto paradossale della scoperta di nuove fonti di oro, da usare come moneta. La maggiore disponibilità di moneta causa dapprima un periodo di forte crescita economica, ma presto induce inflazione e rende conveniente importare prodotti dall’estero, il che fa chiudere molte aziende nazionali, e spinge la gente produttiva a emigrare. Gradualmente tutta la moneta dovrà essere mandata all’estero in pagamento delle merci non più prodotte in patria, e questa resterà impoverita, deindustrializzata e totalmente dipendente dalle importazioni (così avvenne con la Spagna e il Portogallo per effetto dello sfruttamento delle miniere d’oro e argento in Sudamerica).


L'introduzione consente di capire come i processi di deindustrializzazione e di delocalizzazione produttiva accompagnati da nuovi fenomeni di speculazione finanziaria e criptovalutaria a cui l'Europa è soggetta definiscono un processo economico che rischia di incrementare gli attuali processi di iniquità distributiva delle risorse e di incremento della povertà-

Ciò che appare maggiormente evidente è che l'intero processo modificherà a breve i criteri occupazionali rendendo il “lavoro” - inteso come occupazione retribuita - merce sempre più rara a favore di nuove modalità di collaborazione esterna, saltuaria per non dire precaria.

Le dirigenze diverranno consulenze esperte e anche in quella versione saranno soppiantate da quadri e funzionari meno costosi e onerosi: il processo di riduzione delle marginalità operative d'impresa, infatti, accelera la necessità di ridurre e abbattere i costi affermando la ricerca di miglior funzionalità a minor prezzo.

Parallelamente osserviamo la sostituzione dell'occupazione tradizionale anche nelle linee produttive industriali (robotizzazione dei processi) e in quelle di front-office nel terziario (intelligenza artificiale e chatbot): il tutto a sostituire l'Umano, considerato molto costoso, soggetto ad errore, bisognoso di molti tempi morti e non proprio efficiente.

A fronte di queste poche, didascaliche righe si comprende allora il nuovo isolazionismo commerciale e produttivo avviato dagli Stati Uniti trumpiani e lo sconcerto da quello provocato negli ambienti dell'establishmnet europeo, comodamente seduti su un trono che basa la propria esistenza sulla relazione con quella finanza e quegli istituti di credito che campano brillantemente sul e grazie al Cantillon Effect, macinando utili miliardari senza praticare attività produttive.

La questione politica è quindi, primariamente, questione economica e sociale.

Possiamo permetterci un'Europa (o un'Italia) a produttività minima e ad alta precarizzazione dell'occupazione?

Possiamo immaginare un'Europa (o un'Italia) trasformata in un “mammellone contributivo” che trasferisce ingenti risorse verso un welfare incontenibile e insostenibile?

O non è forse arrivato il momento in cui dobbiamo prendere atto della Grande Illusione e tornare a produrre e, con la produzione, creare nuova occupazione?




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