VITE VUOTE, ARMADI PIENI
- Gilberto

- 27 set
- Tempo di lettura: 2 min
C'era una volta la Classe Media, che disponeva di alcune specifiche e caratteristiche.
Si riconosceva in termini di “classe”, ovvero di categoria sociale; affermava nella disciplina del lavoro la propria essenza; disponeva di categorie valoriali collettive; consumava ciò che il proprio status consentiva.
Questo perché una volta c'erano gli individui e quegli individui disponevano di un proprio carattere ed una propria personalità specifica.
Oggi il quadro sembra essere modificato: gli individui tendono ad una impersonalità collettiva, bevono l'aperitivo alla stessa ora, fanno le stesse smorfie nei selfie, vestono gli stessi abiti, guardano gli stessi programmi, postano le stesse immagini nei social.
Non si riconoscono in una categoria sociale definita o definibile bensì in una categoria economica affermata non dal reddito disponibile ma dal consumo manifestabile.
Protestano contro la produzione industriale che genera il cambiamento climatico ma ordinano online qualsiasi cosa, incrementando la produzione industriale e l'inquinamento.
Poi scoprono di avere gli armadi pieni di roba superflua e rivendono online gli acquisti fatti, incrementando nuovamente l'inquinamento.
Osserviamo un vasto mondo medio dalle esistenze vuote e con gli armadi pieni.
Osserviamo migliaia di persone intente a farcire il tempo senza disporre più del tempo necessario.
Osserviamo relazioni che si sfaldano rapidamente nella negazione della reciproca responsabilità, nel facile consumo dell'eros immediato, nella dichiarata difficoltà pratica del costruire un rifugio comune e con quello un futuro.
Osserviamo genitori che delegano alle istituzioni istruzione e educazione dei figli, infinita rappresentazione di irresponsabilità.
Le esistenze sono vuote nell'assenza conclamata di relazione, di affettività, di progettualità esistenziale che si manifestano nella modernità liquida di cui scrisse Bauman e nella società ludica di cui tratto nei miei testi.
Il feticismo delle merci, affermato come inevitabile approdo del capitalismo da Karl Marx, non solo impera ma supera in importanza la Consapevolezza e Volontà di cui scrissero Kant, Nietzsche e Schopenhauer.
La spersonalizzazione diviene deumanizzazione e la platea non è più composta da individui ma da acquirenti resi inermi e acquiescenti dall'unico strumento che ritengono disponibile per affermare ai propri occhi e al mondo la propria esistenza: il consumo bulimico e la rappresentazione di sé attraverso l'esibizione dei consumi.





Commenti