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LE CATEGORIE SUPERFLUE DEL TURISMO

  • Immagine del redattore: gilberto borzini
    gilberto borzini
  • 22 ago
  • Tempo di lettura: 2 min

Più si moltiplicano le categorie del Turismo e meno capiamo i fenomeni turistici.

La stagione che si va chiudendo dimostra abbastanza chiaramente che né i professionisti né gli esperti del Turismo hanno compreso o saputo prevedere le manifestazioni pratiche dell'economia turistica.


Facciamocene una ragione, cospargiamoci il capo di cenere e proviamo a rimetterci sui banchi di scuola a compilare serie di astine sui quaderni a quadretti armati di penna, pennino e calamaio.

Ricominciare da capo significa studiare i fenomeni economici e sociali per poter fare qualche valutazione approssimativamente decente in un ambito, il settore Turistico, che viene troppo spesso categorizzato per idealità e troppo raramente valutato per ciò che è: un fenomeno economico.

Negli ultimi anni le “categorie” si sono andate moltiplicando, dall'enogastronomico al lento e sostenibile, dal responsabile all'esperienziale, dall'autenticità del turismo al turismo dell'isolanità, chiunque rappresenti un “interesse” ha cercato di concentrare l'attenzione, categorizzando l'interesse in forma generalizzante: una polverizzazione che, in fin dei conti, ha generato più confusione che comprensione.

Intanto i turisti sciamavano come volevano, andando dove gli conveniva o interessava (non sempre le destinazioni sono coincidenti), utilizzando canali di informazione e di acquisto differenziati a seconda delle competenze o delle esigenze specifiche, destagionalizzandosi o concentrandosi e muovendosi come stormi di storni in un tramonto estivo (ovvero in modo perfettamente incomprensibile all'osservatore).

Gli operatori erano perplessi, non gli economisti e tanto meno i sociologi.

Standiamo un velo pietoso sull'accozzaglia dei dati forniti da fonti diverse, sull'emersione delle ospitalità da CIN fino a ieri nascoste, sul terremoto urbanistico prodotto dalle locazioni brevi, tutti elementi non secondari ma da trattarsi a parte dato che sono “effetti” e non “cause” del turismo: il mio ragionamento riguarda cose più semplici e indaga, appunto, le “cause”.

A monte di tutto vi è ancora il marketing delle origini, quelle 4 P e quelle 4 O di kotleriana memoria, quelle che affermano che la Raggiungibilità (la Posizione), il Posizionamento verso il Target e l'Organizzazione d'acquisto da parte del consumatore sono al centro di ogni cosa e sono sorrette da una Comunicazione (Promozione) capace di stimolare interesse e attenzione (ricordate l'acronimo AIDA del marketing operativo?) fino a definire l'Acquisto.

Naturalmente non è secondaria neppure la O di “Obiettivo d'acquisto”, ovvero : a cosa serve l'acquisto e il consumo di questo o quel prodotto o servizio.

A volte fare turismo serve a riposare, altre a ricordarsi di essere in vita, altre ancora a far sapere ad altri di esistere, ma qualunque sia il motivo dell'acquisto questo serve sempre a santificare il motto “Consumo quindi esisto”, (Emero, ergo sum !) fondamentale in un'economia capitalistica.

Dopo un'estate trascorsa a leggere interpretazioni ad minchiam su quanto accadeva su spiagge e declivi, nei cieli e nelle metropoli, suggerisco caldamente di tornare alle radici del fenomeno (termine non casuale per chi si ricorda di Kant e della differenza sostanziale tra noumeni e fenomeni): il turismo non è causa bensì effetto, è un prodotto derivato dell'economia e dei suoi riflessi sull'organizzazione sociale. Se non lo si guarda nella giusta prospettiva si rischia di fare solo una grande confusione.


Per chi fosse interessato all'argomento suggerisco di leggere

“Comunicare il Turismo”

pagine 200 €15,00

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