IL TURISMO AI TEMPI DEL SUICIDIO EUROPEO
- gilberto borzini

- 12 lug
- Tempo di lettura: 2 min
Precarietà economica, timori di un'espansione del conflitto, disagio sociale in crescita: l'esplosione del turismo di massa è un tentativo di affermazione di Vita.
Dall'anno del Covid tutto è cambiato.
Il crollo dell'economia produttiva europea, un'economia già appesantita dalla precedente crisi Lehman Bros del 2008, è divenuto sistemico, aggravato da un trentennio di delocalizzazioni industriali a cui non sono subentrate nuove e innovative attività economiche.
Con la motivazione post-epidemica si è tentato un rilancio con i fondi PNRR, ma a quanto pare neppure quella gigantesca iniezione di liquidità ha generato produttività, anzi si teme che i sovraindebitati difficilmente ripianeranno il debito.
Il conflitto russo ucraino e la parallela elezione di Trump alla presidenza statunitense hanno tracciato un nuovo quadro in cui l'UE stanzia quasi mille miliardi di Euro per armarsi, acquistando gli armamenti prevalentemente dagli USA, ovvero da quello stesso strano alleato che ha prima eliminato i condotti dell'alimentazione energetica (north stream) poi imposto l'acquisto del suo carissimo GNL ed ora impone la moltiplicazione degli acquisti bellici imponendo se stesso come fornitore.
Questi mille miliardi si aggiungono ai precedenti del PNRR e creano sia nuovo debito a carico degli Stati sia nuovi processi inflattivi come accade quando si crea una nuova massa monetaria.
Quello che stiamo osservando è una sorta di Suicidio Europeo, tanto politico quanto economico, con il quale si tentano tutte le strade per rilanciare processi produttivi industriali dopo i ripetuti fallimenti precedenti: l'economia asfittica dell'Unione non riesce più a riprendersi malgrado le iniezioni di adrenalina finanziaria.
L'ultima spiaggia è la conversione dell'industia pesante in industria bellica, mentre si ignorano possibili alternative di ricerca e sviluppo basate sullo sviluppo di energie rinnovabili, di produzione alimentare adatta ad affrontare la fame planetaria, di tecnologie della comunicazione made in UE (visto che dipendiamo anche in questo dagli USA): si ha l'impressione che a questa UE la guerra interessi molto più di progetti di collaborazione internazionale e di pace.
La politica (questa politica) determina ansia e frustrazione, incertezza e insicurezza: la percentuale di chi opta pe ril non voto, per la rinuncia alla partecipazione, ha raggiunto la metà degli aventi diritto. Di fronte all'impossibile attenzione politica alle proprie esigenze larga parte della popolazione sceglie, consapevolmente, il cazzeggio, la fuga, l'introiezione, il solipsismo.
Spettacoli demenziali sono premiati da audience stellari, gli stadi e le piazze si riempiono di saltellatori urlanti, l'alcol tra i minorenni è più diffuso della cultura, migliaia si perdono nello sballo chimico.
Alcuni viaggiano come se non ci fosse un domani, forse proprio perché ritengono che un domani non ci sia. Così ci si affolla, ci si fa massa, ci si riversa nei luoghi di tendenza e di fama, ci si fotografa per assicurarsi una prova di esistenza in vita, un atto di non passività, una scelta comunque determinata e attivata.
Forme di turismo che nascono da un profondo disagio, dall'insicurezza, dalla precarietà resa ancor più precaria dall'incomprensibile politica che si percepisce ormai a distanza siderale.
Si vive per affermarsi vivi, si viaggia per percepirsi esistenti.








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