Il nostro schema di pensiero, generalmente definito come "logico", ci conduce spesso in irrisolvibili contraddizioni. Se a questa semplice riflessione aggiungiamo che la teoria afferma che la Realtà è un'Illusione generata dalla Percezione, allora siamo messi male. In sostanza discuteremmo da millenni su un nulla, generato dai nostri sensi e analizzato mediante schemi inadeguati.
Il fatto è che operiamo, in massima parte, per eguali e contrari: bene e male, positivo e negativo, bianco o nero, amico o nemico, sono solo alcuni degli elementi tra loro opposti e contrari, sui quali basiamo le nostre valutazioni, un po' come il nostro sguardo opera evidenziando la difformità rispetto all'omogeneità, la diversità rispetto all'ordinario.
Molto cambierebbe, suppongo, se anziché definire i termini elencati, e le moltissime altre coppie possibili, come opposti li indicassimo come complementari, ovvero l'uno e l'altro parte della medesima medaglia, del medesimo concetto di cui definiscono gli estremi possibili.
Anni fa, discorrendo con una celebre musicista, mi trovai ad affermare che la musica sarebbe stata totalmente differente se l'uomo avesse avuto sette o otto dita al posto delle cinque che la natura gli ha concesso: ne nacque una lunga discussione che, ovviamente, coinvolgeva esclusivamente la teoria, cercando di comprendere se la teoria musicale traesse spunto dalla diteggiatura degli strumenti o fosse fine a se stessa.
La discussione si rivelò tanto accesa quanto inconcludente, poggiandosi una teoria sul pregiudizio della consuetudine e l'altra su una vaga possibilità priva di valutazioni operabili: probabilmente la stessa differenza che corre tra il regime del pensiero oppositivo, che degenera nella conflittualità, e quello del pensiero complementare che potrebbe, in teoria, assumere una valenza sociale di tutt'altra dimensione.
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