Che l'evoluzione della tecnologia incida profondamente su comportamenti e dinamiche dell'emotività è, a quanto pare, accertato dalle indagini psicologiche: da qualche parte negli USA si afferma che la compulsività nell'utilizzo dei sistemi telematici determina una regressione dell'area prefrontale corticale, un modo per dire che si regredisce intellettualmente, ma non è questo l'argomento di cui desidero parlare.
Piuttosto, se già la definizione dell'IO, era complessa nel passato, se la semplice domanda "chi sei? " poteva portare ad uno stato confusionale, dovendo ognuno di noi affrontare le non poche identità che si affollano nella gestione emotiva della psiche, ecco che la comparsa degli Avatar, a spasso per il Metaverso, può spingere l'incertezza alla paralisi.
Facile, per Freud, limitarsi alla trinità psichica composta da Ego, Es e Super-Io: dei tre membri della trinità il Super Io è passato dalla rappresentazione di Dio che manda all'Inferno a quella del Padre che punisce per terminare, ingloriosamente, nella minaccia di essere "bannati" dal Social Network (la bannazione eterna), con ricadute esistenziali appartenenti alle più catastrofiche crisi di disappartenenza, rifiuto e abbandono.
L'Es, da tempo, è perduto e l'Avatar, la rappresentazione molteplice e moltiplicabile a piacimento di un'identità surrogata che si muove in dimensioni virtuali, o comunque alternative alla realtà fisica, ne ha preso il posto.
Lo smarrimento dell'identità, quindi, diviene sostanziale, strutturale, non più "semplicemente" caleidoscopica come nell'analisi freudiana e tradizionale, ma ripetutamente "dissociata", in un processo di dissociazioni interminabili, generati dal singolo ruolo che si vuole assumere nella singola piattaforma di riferimento.
Forse torneremo a parlarci dandoci del Voi, ma quello che credo sia certo è che lo sviluppo delle modalità Avatar non produrrà un beneficio né agli individui né alla Società.
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