La lettura della maggioranza dei testi di psicologia definisce con semplicità come il nostro "tempo di attenzione" sia estremamente breve e limitato, al punto che se sommiamo i tempi della disattenzione, che possono coincidere con i momenti di relax, di svago, di divagazione, ma anche con quegli stati di "automatismi dei processi" quali la guida o la scrittura, emerge una prevalenza della "de-cognizione", rispetto alla cognizione, ovvero alla consapevolezza razionalmente determinata.
Lo stato della decognizione, frequente e facilmente raggiungibile anche durante la preghiera per non dire della recitazione di mantra o nella ripetizione cantilenante di forme verbali, definisce l'attribuzione a forme esterne di pensiero ciò che il pensiero elabora autonomamente, determinando l'apparente sensazione di "ascoltare qualcuno che ci parla".
Da qui, da un processo psicologicamente elementare nella sua comprensione, si giunge facilmente alla nascita delle sovrastrutture irrazionali a cui l'Umanità sembra fare riferimento (dall'animismo all'esoterismo alle religioni) , alimentate dal fondamentale senso di insicurezza individuale che cerca sostegno nell'esoterico, nel magico tanto quanto nell'appartenenza sociale.
Comments