Giorgio Gaber cantava "Libertà obbligatoria" (si può/fare i giovani a sessant'anni/ si può/regalare i blue jeans ai nonni/ si può). Nei miei volumetti dedicati alla filosofia della sobrietà parlo della Sobrietà come scelta consapevole, per un consumo circolare e non superfluo: insomma, mettersi a dieta per stare tutti bene. Quella che si profila allo sguardo, invece, è una sobrietà obbligatoria, una dieta decisa da altri che potrebbe rasentare la fame.
Carestia alimentare e iperinflazione (nel Paesi Baltici si stanno già godendo un'inflazione al 20% e la tendenza alla doppia cifra è comune a tutto l'occidente) non fanno presagire scenari rosei.
In più alcune scelte politiche piuttosto imbarazzanti, tipo il blocco delle merci russe da parte dei Lituani o l'estensione alla Georgia dell'accesso alla UE (e perché non il Kazakistan? l'Uzbekistan? fino a dove vogliamo immaginare i confini europei solo per fare dispetto a Mosca?) indicano senza bisogno di essere esperti di geopolitica che gas e petrolio costeranno, dopo l'estate, come l'Amarone Riserva 1999. E dovremo fare qualche buco nella cinghia per reggere le brache.
Peccato: tra mettersi a dieta e fare la fame c'è una bella differenza.
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