Una vignetta satirica può o deve suscitare un'emozione forte, sia che si tratti di un sorriso di consenso o di un moto di indignazione da parte di chi si sente messo alla berlina.
Abbiamo urlato per affermare la libertà di pubblicare le assai discutibili vignette di Charlie Hebdo, ma a quanto pare non abbiamo compreso come la libertà di satira valga per tutti, per tutte le opinioni e le opzioni ideali.
La vignetta che ripubblico ha suscitato l'alzata di sopracciglio e una certa indignazione in qualcuno.
Eppure che i figli del glorioso PCI abbiano fatto strame delle idee socialiste non può essere negato: hanno svenduto i lavoratori all'economia di mercato, fiancheggiato la finanza statunitense nelle sue guerre imperialiste, abbattuto la stabilità del lavoro esaltando la precarizzazione, ridotto in cenere l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, agevolato la svendita delle migliori imprese alle concorrenze straniere, per poi dirottare l'obiettivo "politico" su una questione, quella dei cosiddetti "diritti", forse affascinante per alcune esigue minoranze, ma distante anni luce dalle necessità popolari.
Il fatto stesso che ad alcune "opzioni", lecite o plausibili, sia attribuita la sostanza del "diritto" sconcerta, ma ancor più sconcerta la cecità politica talmente affascinata e compresa dal proprio soliloquio da perdere di vista la concreta sostanza dei termini politici in essere.
Chissà che la satira, allora, non contribuisca a risvegliare le coscienze.
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