Nei precedenti articoli ho indicato come i cambiamenti tecnologici vadano rapidamente sottraendo occupazione ai modelli tradizionali del lavoro.
Vale la pena, allora, provare a individuare le trasformazioni possibili nel lavoro.
Non troppo diversamente da quanto accadde con l'avvento della moderna industria a fine '700, la tecnologia sta nuovamente aggredendo l'occupazione, sostituendo alla manodopera la robotica e all'intelligenza umana quella artificiale.
Non diversamente da allora si assiste a consistenti processi di urbanizzazione (da metropoli a megalopoli), a una crescente differenza nella distribuzione dei redditi, a consistenti strati di povertà nella cittadinanza.
Diversamente da allora lo Stato ha una funzione di sostegno e supporto per i più deboli e di riallocazione delle risorse.
L'Erario, che incassa da imposte, tasse, concessioni e autorizzazioni alla produzione e al commercio, comunque intesi, non smette di incassare, tanto meno quando la produzione o lo scambio viene operata senza intervento umano e, paradossalmente, potrebbe incassare più dai Grandi Operatori Virtuali che non dagli attori industriali, se solo facesse pagare le tasse ai giganti del web. La redistribuzione delle risorse a favore del sostegno dei bisognosi diviene così un processo attivo, derivante dalla corretta tassazione, modificando in forma tendenzialmente socialdemocratica anche gli Stati in cui il liberismo è affermato.
L'occupazione è allora sostenuta dalla Pubblica Amministrazione? Non esattamente, in quanto anche nella P.A. i processi tendono ad essere gestiti dall'I.A., coerentemente con un processo generale di "snellimento" e automazione dei flussi.
Allora, ci si domanda, chi lavora? e in cosa consiste il lavoro?
Per comprendere il cambiamento, e la portata del cambiamento, dobbiamo risalire all'idea, al concetto di lavoro come "trasformazione della materia o dell'informazione". Entrambe le forme della trasformazione sono accessibili a chiunque disponga di un adeguato collegamento alla rete: posso produrre ricami all'uncinetto e venderli attraverso piattaforme come Pinterest o Wish, posso acquistare e rivendere libri, quadri o qualsiasi forma d'arte, posso acquistare all'ingrosso chitarre elettriche e rivenderle al dettaglio sia sulla rete che, eventualmente, con un negozio fisico. Posso scrivere e auto-pubblicare libri, orientare il pubblico con video e messaggi. Ma qualsiasi cosa si faccia la vera novità è data dalla Quantità di Relazioni e dalla Reputazione.
Il Focus centrale dell'attività si sposta sulla capacità di creare e sviluppare relazioni e acquisire una reputazione coerente con il moltiplicare le relazioni stesse, elementi che qualsiasi piattaforma consente a condizione che se ne conoscano le regole, le si rispettino e le si applichino.
Il fenomeno delle "influencer", che a molti non più giovani fa rizzare i capelli in testa, è l'esemplificazione più evidente di quanto sto scrivendo.
Possiamo diventare tutti influencer? non credo, ma so per certo che a tutti è data la possibilità di disporre di pagine personali, di pagine tematiche, di sviluppare canali di informazione, in video e in radio, e di affermarsi, di farsi notare e riconoscere. E questo vale sia per le persone fisiche che per le imprese o le attività.
L'obiettivo quindi, per chi non vede più entrare clienti nel suo negozio, è di mettersi a caccia di relazioni attraverso la rete per sviluppare l'attività on-line, e di acquisire una nuova reputazione.
Curiosamente, se proprio vogliamo dirla tutta, la Rete concede di trasformare le Passioni in Attività, attraverso quei processi di sviluppo di Community che ridefiniscono le mappe delle relazioni online.
In molti (moltissimi) si sono già attrezzati e operano quotidianamente. Gli altri dovranno fare qualche esercizio di adattamento, ma il futuro, anche immediato, è tracciato.
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